Coltelli da cucina, questi sconosciuti.

Una vecchia regola impone che quel manico non si impugni troppo stretto, non si potrebbe più  gestire agilmente il movimento dell’utensile, ma guai anche a prenderlo con troppa leggerezza.  E’ il protagonista principale della maggior parte delle azioni culinarie, ma di solito se ne parla poco.

Chi ha lavorato, anche per poco, in una cucina professionale o in una macelleria sa che un coltello che cade, per esempio,  è un  “coltello senza manico”. Non ha manico, quel coltello che è sfuggito dalle mani, perché non si deve neanche pensare di riacciuffarlo a mezz’aria. L’unica cosa da fare in quel caso è assicurarsi che i nostri piedi e tutto il nostro corpo si trovino il più possibili lontani dalla lama rimasta senza controllo. Lo scatto deve essere ferino e fulmineo, con quei coltelli non si scherza!

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Non si può proprio scherzare con lame di quindici, venti centimetri, compagne fedeli di tante preparazioni e sostegno di ogni cuoco che si rispetti, ma pronte a diventare nemiche alla prima distrazione.  I coltelli chiedono concentrazione, sono amanti esigenti pronti a darti tutto e a togliertelo se non ti dimostri meritevole.

Oltre alla concentrazione l’altra regola aurea per fare un buon uso dei coltelli è preoccuparsi di tenerli sempre ben affilati. Più un coltello è affilato e meno diventerà pericoloso, perché seguirà le intenzioni della tua mano senza obbligarti a forzarlo. Il manico, per la stessa ragione, deve essere pulito da ogni untuosità e il tagliere stabile e sicuro.

Non si creda poi che i coltelli una volta espletata la loro funzione si addormentino come giganti stregati da chissà quale sortilegio. No, loro continuano a vegliare, lame al vento, anche dentro il lavandino, mischiati ai piatti, alle padelle, ai forchettoni,  anzi è proprio lì che esprimono fino in fondo il loro potenziale di rischio. Quindi un lavabo pieno di acqua e sapone dove nuotano i  coltelli insieme a tutto il resto non è mai una buona idea. I coltelli pretendono, per la loro e la nostra salute, di essere lavati da soli e asciugati sempre accuratamente.

Detto questo se avete deciso comunque di comprarvi un set di coltelli professionali da cucina vi consigliamo di non perdervi dietro le decine di forme e nomi che il mercato vi propone ma di optare per pochi oggetti di buona qualità.

In futuro dedicheremo un articolo intero alle svariate tipologie di coltelli di cui uno Chef necessita, per ora sappiate che per mandare avanti una cucina professionale sono necessari: un coltello a sega per il pane e i piatti in crosta, uno spelucchino per  sbucciare, pulire, incidere e raschiare. Principalmente destinato a frutta e verdura. Un trinciante. L’immancabile coltello da chef dagli usi molteplici. Con questo coltello, normalmente di grandi dimensioni, si tagliano tutte le carni. Infine un coltello per filettare: punta flessibile, affilatissimo  destinato a ricavare filetti dal pesce.

Una volta presa dimestichezza con questi che sono basilari e indispensabili potrete sbizzarrirvi con decine di altri coltelli:  il disossatore, l’affettatore, lo sbucciatore, la mannaia e il mannarino, i coltelli da colpo e da disegno, a sezione cuneiforme o rettangolare, con la punta centrata, rotonda o a scimitarra.

Come avete capito quello nel mondo dei coltelli può essere un viaggio interessante e quasi infinito. A pensarci bene la storia del coltello altro non è che la storia dell’evoluzione umana. La selce, primo coltello conosciuto, come sappiamo è apparsa nel lontano Paleolitico e ha cambiato il futuro dell’uomo.

Per ora è importante sapere che se  i mestoli, i cucchiai e i ramaioli hanno a che fare con il sentimento, con l’emozione che ruota intorno all’atto di cucinare, i coltelli chiedono al cuoco di mettere in campo il raziocinio e il discernimento. Cuore e cervello insomma, tutto quello che serve per un opera, culinaria, che si rispetti.

E non dimentichiamo che l’immaginario del coltello non si esaurisce certo in cucina. Basti citare una delle più belle dichiarazioni d’amore di tutti itempi, quella che Franz Kafka  all’amata Milena “… che tu sia il coltello con il quale scavo dentro me stesso…”. Per lo psicologo Jung invece sognare un coltello è segno di un desiderio lucido di separazione  Che serva per scavare nel cuore dell’amato o per separare questioni oniriche il coltello va saputo tenere saldamente per il manico.

 

 

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